La malattia di Wilson è una patologia di natura genetica grave e per fortuna molto rara (l'incidenza è di un soggetto ogni 30.000). Fra gli specialisti è nota anche con il nome di
degenerazione epatolenticolare perché comporta effetti negativi soprattutto sul fegato e sul nucleo lenticolare del cervello (e in misura minore anche su altri organi): alla base della patologia vi è un'alterazione difettosa nel metabolismo del rame che comporta un accumulo di questo metallo in diversi organi e tessuti corporei. Se non viene adeguatamente trattato, il morbo di Wilson può avere esiti letali. Vediamo quali sono le alterazioni genetiche che causano questa grave patologia, nonché i sintomi e le cure.
Le cause della malattia di WilsonIl morbo di Wilson è causato da
fattori di tipo ereditario/genetico: alla base vi è infatti un'
alterazione nella funzionalità di una coppia di alleli di un gene, l'ATP7B: in condizioni normali questo gene garantisce un'efficiente espulsione delle quantità eccedenti di rame che si trovano nelle cellule. In caso di malattia di Wilson la coppia di alleli di questo gene è difettosa, per cui
c'è un accumulo significativo di rame: prima solo all'interno delle cellule, poi anche nel sangue e in diversi organi e tessuti (in primis il fegato e a seguire il cervello).
I sintomiSono quindi soprattutto il fegato e il cervello a risentire negativamente dell'accumulo di rame nell'organismo.
I
primi sintomi della malattia sono infatti
di carattere epatico (epatite e poi cirrosi) e insorgono il più delle volte durante l'infanzia (verso i 6-7 anni: ci vuole un po' di tempo perché i depositi di rame comincino a danneggiare l'organo) oppure durante l'adolescenza (più raramente in età adulta, verso i 30-40 anni). Lo stato di insufficienza epatica comporta sintomi quali dolori addominali, nausea e vomito, itterizia (colorazione gialla delle sclere oculari e della pelle).
In un secondo momento l'accumulo di rame comporta anche
danni cerebrali. Ecco i sintomi principali che possono comparire a livello neurologico:
- Difficoltà di movimento: camminata e movimenti incerti e instabili; tremori a gambe e braccia
- Debolezza muscolare
- Difficoltà nella deglutizione e nell'articolazione della parola
- Mal di testa
- Depressione e problemi di concentrazione
- Sbalzi d'umore
Questi sintomi neurologici, in mancanza di un trattamento adeguato, possono peggiorare progressivamente, fino a ridurre il paziente in uno stato di totale incapacità di muoversi e di provvedere a se stesso.
Inoltre, con il progredire della malattia, altri organi e tessuti vengono colpiti dagli effetti negativi dell'accumulo di rame. Ecco quali:
- Cornea (può svilupparsi a carico della cornea un disturbo chiamato anello di Kayser-Fleischer: si forma un cerchio color verde-marrone intorno alla cornea)
- Reni
- Pancreas
Inoltre il morbo di Wilson può comportare altri sintomi quali osteoporosi, anemia, alterazioni del ciclo mestruale. Le donne in dolce attesa possono incorrere in aborto spontaneo.
Le cureLa malattia di Wilson va diagnosticata e trattata il prima possibile: in caso contrario i danni a fegato e cervello diventano irreversibili e il paziente va incontro alla morte.
Il piano terapeutico prevede la
rimozione del rame accumulatosi negli organi e nei tessuti (in primo luogo, nel fegato). A questo scopo viene somministrata la
penicillamina, farmaco che riesce a portare il rame eccedente nei reni per l'espulsione (va assunto per tutta la vita). Tuttavia può avere effetti collaterali importanti, per cui in alcuni casi viene sostituita dalla
trientina: farmaco meno incisivo, ma con effetti collaterali più blandi.
Spesso, soprattutto quando la malattia non è ancora in fase avanzata, all'assunzione di penicillamina viene abbinata la somministrazione di
zinco, che aiuta a ridurre la quantità di rame assorbita dall'intestino. A questo scopo occorre anche fare attenzione all'alimentazione: vanno evitati il più possibile i cibi che contengono parecchio rame (sopratutto frutti di mare, noci, cioccolata, fegato, funghi).
Nei casi più gravi, ovvero quando la funzionalità del fegato è parecchio compromessa e quando le cure appena viste non portano a nessun risultato, è altamente probabile che il medico prenda in considerazione la
possibilità di un trapianto di fegato.
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