La dislessia è un disturbo specifico dell'apprendimento che riguarda almeno il 5% della popolazione scolastica italiana. I bambini che ne soffrono hanno serie difficoltà nell’imparare a leggere a scrivere.
Per molti anni, prima del riconoscimento ufficiale di questo disturbo, questi piccoli pazienti venivano considerati poco brillanti e molto pigri. In realtà è l’esatto contrario, i bambini dislessici hanno un’intelligenza pari o superiore alla norma, e non sono svogliati.
Ciò che per i coetanei appare essere naturale e facile, a questi soggetti richiede un grande sforzo. Un bambino dislessico, per raggiungere il livello del proprio compagno di banco, deve lavorare dieci volte tanto. Non siamo quindi di fronte a scolari pigri, ma a bambini profondamente frustrati, che si sentono inadeguati.
Questo è il motivo fondamentale per cui la diagnosi deve essere fatta il prima possibile, prima che il soggetto si convinca di non essere capace e i danni alla sua autostima possano comprometterne il futuro e il normale sviluppo.
Le cause della dislessia
La dislessia è causata da alterazioni presenti nelle aree della corteccia cerebrale dedicate al linguaggio. Alterazioni non ancora pienamente comprese.
Fondamentalmente i soggetti dislessici hanno difficoltà nell’elaborare le informazioni visive, nell’interpretazione di simboli e segni. Ciò può verificarsi a diversi livelli:
• nella ricezione visiva,
• nella cattura e strutturazione nell’encefalo,
• nel recupero secondario,
• nella velocità di elaborazione delle informazioni.
Forme di dislessia
La principale divisione tra i diversi tipi di dislessia distingue quella evolutiva da quella acquisita.
La prima è congenita, ha probabili cause genetiche e viene diagnosticata nei bambini durante i primi anni di scuola.
La seconda colpisce gli adulti in seguito ad un grave danno verificatosi nelle zone del cervello dedicate al linguaggio. Danno causato da un’ischemia o un’emorragia cerebrale, da un tumore encefalico o anche un grave trauma.
All’interno della dislessia evolutiva il professor Bakker, neuropsicologo olandese, distingue:
• Dislessie di tipo L, legate all’uso del linguaggio e dell’emisfero cerebrale sinistro.
Il bambino è molto lento nell’apprendimento.
• Dislessie di tipo P, legate all’elaborazione dell’informazione visiva e all’attività dell’emisfero destro. Il bambino è distratto e inaccurato.
Sintomi della dislessia
Gli errori tipici che un soggetto dislessico compie nella lettura, nella scrittura e anche nella normale lingua parlata riguardano:
• l’inversione delle lettere,
• lo scambio di sillabe,
• la distribuzione disordinata degli elementi costituenti una frase,
• la confusione tra vocaboli che si assomigliano.
Le cure
La cura della dislessia prevede due itinerari paralleli:
• quello relativo alle competenze di base di tipo percettivo, motorio e fonetico,
• quello specifico per la lettura.
Il primo itinerario è finalizzato alla riduzione delle lacune nelle capacità di base. Il secondo, invece, ha lo scopo di promuovere la conquista di una capacità di lettura più adeguata all’età del paziente. In pratica, questi itinerari devono essere condotti in contemporanea, in modo che il bambino conosca il piacere e la gratificazione della lettura mentre ancora sta lottando per costruirsi delle basi di apprendimento sufficienti. Il secondo percorso ha quindi un’importantissima funzione nel rafforzare l’autostima del soggetto, riconoscendo e gratificando i suoi sforzi.
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