La belladonna, il cui nome scientifico è Atropa Belladonna e che cresce spontaneamente nei boschi di montagna, è una delle sostanze più utilizzate nella medicina omeopatica per il trattamento di svariati disturbi. Nell’antichità era la base di alcuni prodotti estetici in grado di regalare luminosità alla pelle e soprattutto di dilatare le pupille, conferendo uno sguardo più intenso e seducente (da cui il nome belladonna), ma questa pianta è velenosa, per cui va maneggiata con attenzione. Secondo i principi dell’omeopatia, che utilizza le sostanze naturali per creare medicamenti estremamente diluiti, ogni traccia di tossicità viene eliminata, mentre se ne sfruttano gli effetti analgesici, spasmolitici e calmanti. Viene infatti indicata in tutti i casi in cui la patologia deriva da una forte stimolazione del sistema nervoso centrale e di quello parasimpatico (parte del sistema nervoso autonomo che controlla alcuni funzioni essenziali, ma non volontarie, dell’organismo).
I principi attivi e le proprietà curative
Questa erba perenne, della famiglia delle Solanaceae, si utilizza tutta per la preparazione dei rimedi omeopatici. La tintura madre di foglie, bacche (nere e dolciastre, anche se molto velenose, simili ai frutti di bosco), fiori e fusto si diluisce quattro volte nell’acqua (proporzione di 1 a 100) e si somministra da 3 a 6 volte al giorno (poche gocce per volta). I principi attivi presenti in questa pianta sono tre: l’atropina, l’alcoloide velenoso, che agisce sul sistema nervoso parasimpatico con effetti sedativi e analgesici e ha la proprietà di far dilatare le pupille (utile per poter effettuare alcune indagini oculistiche); la iosciamina, che ha invece un effetto stimolante sul sistema nervoso centrale, e la scopolamina, che al contrario risulta depressiva.
La belladonna, proprio grazie alle caratteristiche dei suoi principi attivi, si utilizza per disturbi che si manifestano con bruciore, caldo e rossore, quindi con febbre, congestione, arrossamento cutaneo, sensi ipereccitati e fenomeni correlati come delirio e allucinazioni.
Fino a qualche decennio fa era impiegata anche per la preparazione di farmaci prescritti dalla medicina tradizionale, dato l’effetto su dolori, spasmi e nevralgie di diverso tipo e localizzazione (da quelle del viso e quelle della sciatica). Si utilizzava soprattutto contro i fenomeni dolorosi della muscolatura gastrointestinale, di quella delle vie urinarie e dell’apparato genitale femminile, oltre che come rimedio contro la pertosse per i suoi effetti calmanti.
L’azione sulle diverse parti del corpo
La belladonna come rimedio omeopatico si utilizza per una grande varietà di malattie, a partire da quelle dell’apparato respiratorio, quindi per raffreddore, influenza, riniti, tosse, ma anche per patologie polmonari con cause batteriche o virali. In caso di febbre alta e improvvisa (legata a problemi polmonari soprattutto), ma anche di gola secca e arrossata, con dolore e deglutizione difficile, gonfiori e bruciori, e di otiti e parotiti è uno dei rimedi più prescritti in omeopatia. Anche altre malattie esantematiche vengono curate con la belladonna: morbillo, rosolia e scarlattina.
Per i suoi effetti analgesici e sedativi è prevista nel trattamento delle infiammazioni dell’apparato gastrointestinale (gastriti, ulcere, coliti, coliche) e dei dolori articolari, ai denti e alle gengive. Inoltre è considerata un rimedio efficace per molti stati alterati del sistema nervoso, dalle cefalee alle convulsioni, dalle allucinazioni (che si manifestano con iperdinamismo e ipereccitazione dei sensi) all’insonnia e alla depressione, per il suo duplice effetto calmante e stimolante. Alle donne è consigliato in caso di dolori mestruali, anomalie del ciclo (ipermenorrea, dismenorrea) e vampate di calore associate alla menopausa.
Per quanto riguarda la pelle, la belladonna è prescritta dall’omeopata per eczemi, eritemi (ma anche geloni), sfoghi e foruncoli gonfi e arrossati.
Riceverai una mail con le istruzioni per la pubblicazione del tuo commento.
I commenti sono moderati.