Come tutti i regimi alimentari che prevedono un apporto aumentato di proteine a scapito di carboidrati e grassi, i risultati sono rapidi e l’efficacia molto elevata. Per questo motivo la dieta oloproteica ha avuto un certo successo, ma sono gli stessi ideatori a consigliare di usarla per periodi brevi (poche settimane). Una delle principali critiche mosse è il fatto che, dopo aver perso peso inizialmente, è facile riprendere i chili smaltiti se non si segue per tutto il resto della propria vita una regime alimentare sano, bilanciato e corretto. Il rischio principale per l’organismo, poi, è quello di subire degli effetti negativi per quanto riguarda la salute: il sovraccarico di lavoro a danno dei reni per eliminare l’eccesso di proteine e il rischio di chetosi, che si manifesta proprio a causa dello scarso apporto di glucidi.
Una terapia?
Sviluppata dal dottor Giuseppe Castaldo sulla base degli studi del professor Blackburn, nasce dal presupposto che per combattere il sovrappeso sia necessario privare il corpo dei carboidrati, in modo da neutralizzare il metabolismo dei grassi e di conseguenza il loro accumulo sotto forma di adipe.
Le ricerche sono nate dall’analisi degli effetti del digiuno totale, che è ovviamente pericoloso e non può durare a lungo. Per questo motivo la dieta si basa sull'apporto delle giuste quantità di aminoacidi: tra gli 1,2 e gli 1,5 grammi per ogni chilogrammo (calcolato sulla base del peso ideale della persona). In tal modo si preserverebbe e proteggerebbe la massa magra e anche il bilancio azotato (il rapporto tra le proteine introdotte nel corpo tramite l’alimentazione e quelle eliminate, che tende all’equilibrio in un individuo sano).
Castaldo ha poi rivisto queste indicazioni aggiungendo al regime alimentare quotidiano una piccola quantità di carboidrati (30-40 grammi al giorno) e una molto inferiore di lipidi. In tal modo si induce il corpo a produrre maggiori quantità dei cosiddetti corpi chetonici, molecole di natura lipidica sintetizzate nel fegato che hanno funzioni simili a quelli degli zuccheri, fornire cioè energia alle cellule. Questo “carburante” proviene direttamente dalla massa grassa del corpo, che quindi diminuisce a mano a mano che vengono prodotti. Secondo i sostenitori di questa dieta, inoltre, i corpi chetonici hanno anche svariati altri effetti positivi e in particolare contribuirebbero a migliorare l’umore, dato che sono utilizzati dal cervello per produrre sostanze antidepressive, e stimolerebbero l’ipotalamo, inducendo un senso di sazietà che contribuisce alla dieta stessa (dal terzo giorno circa dall’inizio del nuovo regime alimentare).
Dopo tre settimane, però, la dieta stessa va interrotta, sostituendola a un regime ipocalorico bilanciato tra proteine, grassi e carboidrati e a maggiore attività fisica.
Le tre fasi
Tre sono le fasi in cui si modula questa dieta. Nella prima si stimola la produzione dei corpi chetonici eliminando quasi del tutto grassi e carboidrati e ingerendo 1,2 grammi di proteine per chilo di peso nelle donne e 1,5 per gli uomini.
Nella seconda, invece, si assumono sia glucidi che proteine, ma in modo dissociato (in pasti diversi).
Nella terza e ultima si passa a una dieta ipocalorica di tipo mediterraneo.
I vantaggi
La dieta oloproteica, quindi, sarebbe una vera e propria terapia, da seguire solo sotto consiglio e controllo medico, ma che promette la massima efficacia: una rapida perdita di peso senza tutti gli effetti negativi che ad essa di solito si associano, come sensazione costante di fame, cattivo umore, stanchezza e perdita di tono muscolare.
In più darebbe un importante contributo alla cura di disordini metabolici come ipercolesterolemia, l’ipertrigliceridemia e ipertensione arteriosa e sarebbe utile anche nei diabetici che non assumono insulina per regolare il livello di zuccheri nel sangue.
Le critiche
Sono gli stessi sostenitori della dieta a raccomandare di limitarla nel tempo, associandola inoltre a un consumo adeguato di acqua (almeno un litro e mezzo al giorno). Un simile regime alimentare, infatti, ha due principali controindicazioni: affatica i reni che devono eliminare l’esagerata quantità di proteine assunte, con il rischio di danni seri, e aumenta i corpi chetonici. La chetosi - detta acetone nei bambini - non è una patologia quanto un disturbo, che ci avverte di come qualcosa nel corpo non stia funzionando bene (si assumono troppi pochi zuccheri), per cui bisogna rimediare per impedire conseguenze più gravi nel lungo periodo.
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