Paura del sesso, sia come pratica che come argomento nelle interazioni sociali: in linea generale questa è la definizione dell’erotofobia, un disturbo di carattere psicologico che impedisce di vivere in modo sano, completo e appagante la sfera sessuale. Ci sono naturalmente diversi livelli di fobia, dalla semplice difficoltà nel parlarne o nel visionare materiale erotico o pornografico, al rifiuto di intrattenere rapporti intimi.
Un erotofobico, quindi, generalmente non parla mai di sesso, non fa cenno alla propria vita sessuale, ha reazioni di rifiuto nei confronti del materiale esplicitamente erotico e spesso ha rapporti meno frequenti e con meno partner nel corso della propria vita.
Un simile atteggiamento, oltre a condizionare pesantemente e a limitare la libera e felice espressione sessuale della persona che ne soffre, ha anche la conseguenza di isolarla progressivamente dagli altri, e, come hanno evidenziato alcuni studi, di porla in una situazione pericolosa per la sua salute: non voler affrontare l’argomento del sesso significa anche avere conoscenze scarse su temi come le malattie sessualmente trasmesse e i metodi anticoncezionali.
Come riconoscerla
Spesso la presenza di questo tipo di fobia, che rende difficile il solo parlare di sesso, impedisce all’individuo di affrontare il proprio disturbo. Capita anche che chi ne è affetto lo mascheri ricorrendo a spiegazioni alternative rispetto ai suoi comportamenti di imbarazzo o rifiuto. Anche coloro che gli sono vicini, quindi, raramente sono in grado di riconoscere il problema e quindi di stimolare la persona a occuparsene. Il primo passo per ottenere aiuto è infatti rendersi conto della propria paura e portarla fuori di sé, iniziando un percorso di sostegno e cura con l’aiuto di esperti.
Esistono però dei fattori che contribuiscono all’insorgere di questo disturbo e che possono quindi indirizzare verso il suo riconoscimento: oltre al fatto di avere subito dei traumi di natura sessuale soprattutto durante l’infanzia, l’altra causa scatenante è l’aver ricevuto un’educazione rigida, improntata a una moralità ristretta e sessuofobica, che ha condizionato il soggetto a tal punto da fargli sentire come fonte di disagio e ansia il solo parlare di sesso o visionare delle scene in cui viene praticato. Una famiglia, quindi, che, per motivi religiosi o culturali, abbia un atteggiamento demonizzante nei confronti del piacere del corpo e della sua libera espressione, contribuirà a impedire al bambino diventato adulto di riconoscere come naturale e istintivo l’impulso sessuale, che viene associato piuttosto a sensazioni di censura e rifiuto.
Come intervenire
Il percorso di cura di questa fobia, come nel caso di tutti quelli che in psicologia sono definiti disturbi sessuali, passa attraverso la terapia, con lo psicologo e/o il sessuologo, che solitamente associa alla somministrazione di farmaci antidepressivi, necessari per lenire i sintomi tipici (attacchi di panico, ansia, tachicardia, tremori incontrollati, tra gli altri), un trattamento più profondo e duraturo che ha lo scopo di desensibilizzare il paziente rispetto a quello che scatena la fobia. Si utilizzano quindi terapie cognitivo-comportamentali, come nel caso dei disturbi ossessivo-compulsivi, o di natura sessuale, attraverso esercizi che espongono la persona alle situazioni, ai discorsi o alle immagini che causano la sua fobia, in modo controllato, ma continuativo. In caso di traumi pregressi si consiglia invece la terapia psicoanalitica, che sia in grado di individuare la causa remota scatenante del disturbo, per poterla affrontare e quindi far venire meno le conseguenze.
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