Se ne parla dandolo per scontato. L’istinto materno, vale a dire il senso di attaccamento e il desiderio di proteggere e accudire i propri figli, dovrebbe svilupparsi naturalmente in tutte le donne, quale espressione di una capacità che è stata premiata dalla selezione naturale. Una madre che non cura i propri cuccioli, almeno nei primi mesi o anni di vita, nel regno animale, rischia di perdere la progenie e quindi di non tramandare i propri geni. Ma è un tratto genetico che possiede anche la specie umana? E, soprattutto, nasce in tutte le future mamme?
Una questione dibattuta
Come sempre quando ci si trova di fronte a qualcosa che ha delle cause genetiche e culturali allo stesso tempo, diventa molto difficile stabilire una regola valida per tutti e capire quanto sia radicato l’istinto e quanto invece entrino in gioco componenti sociali e ambientali.
Forse una delle migliori definizioni, usata in ambito psicologico, è questa: l’istinto genitoriale è scritto nel nostro codice genetico, ma ha necessità di essere attivato per potersi sviluppare. La sua attivazione è correlata soprattutto al momento del parto, per la donna, ed è legata a un complesso di emozioni in cui sono coinvolti in modo preponderante gli ormoni.
A livello fisiologico, infatti, durante il parto vengono rilasciati alcuni ormoni, tra cui, in particolare, l’ossitocina, responsabile sia delle contrazioni dell’utero necessarie a far nascere il neonato sia della produzione del latte materno. L’ossitocina, però, ha anche un effetto ormai noto sugli stati emotivi: facilita il senso di legame parentale e in generale l’affettività verso gli altri. Insieme ad essa, ci sono anche la prolattina e le endorfine, che creano una sensazione di gioia e appagamento contribuendo all’instaurarsi di un sentimento di attaccamento verso il bambino.
Naturalmente, però, bisogna anche considerare i fattori ambientali: il modo in cui la madre ha vissuto la gravidanza, la presenza o meno di rapporti familiari e sociali sereni attorno a lei, la sua stessa esperienza di figlia sono tutti elementi che possono condizionare le prime fasi del rapporto con il neonato.
Ci sono donne senza istinto materno?
Senza arrivare ad eccessi, che rappresentano comunque casi isolati, di donne che volontariamente fanno del male o uccidono i propri figli, è riconosciuto il fatto che non tutte le donne sentono, fin dalla nascita del bambino, un senso forte di unione e coinvolgimento emotivo. In alcune si sviluppa nei giorni successivi al parto, per altre è un processo più lungo. A favorire il suo insorgere ci sono sicuramente alcuni fattori, come l’aver la possibilità di accudire fin dai primi minuti di vita il bambino, prendendolo in braccio, allattandolo e dormendo insieme a lui. Qualsiasi sia l’atteggiamento che la neomamma sente nei confronti del figlio appena nato, è importante non sia giudicato, ma, se esistono malesseri o si prolunga il cosiddetto baby blues, un periodo di malinconia e tristezza che dura per qualche giorno dopo il parto causato soprattutto dagli sconvolgimenti a livello ormonale, è bene rivolgersi ai consultori familiari e a simili strutture. In molte di queste vengono proposti incontri periodici in cui non solo le mamme possono esporre ansie, perplessità e paure a psicologi e pediatri, ma anche confrontarsi tra loro.
La solitudine è forse uno dei problemi principali della neomamma, che si trova ad affrontare una situazione diversa da tutte quelle sperimentate prima ed è piena di timori e dubbi. Poterli raccontare a cuore aperto ad esperti, ma anche a chi sta vivendo un’esperienza simile, è salutare. E aiuta ad attenuare tutte quelle ansie e preoccupazioni che possono mettere in ombra l’amore e l’attaccamento che la mamma probabilmente già prova.
Un enorme cambiamento
La neomamma si trova a vivere un momento di grande cambiamento, difficile da gestire a livello sia psicologico che pratico. A questo si aggiungono spesso delle forti pressioni dall’esterno, anche solo sotto forma di consigli e pareri di persone che, per quanto animate dalle migliori intenzioni, la subissano di informazioni, facendola sentire in colpa o sbagliata se fatica a entrare nel nuovo ruolo.
L’arrivo di un bambino significa perdere buona parte della propria autonomia, doversi dedicare a un’altra persona del tutto dipendente, all’inizio, confrontarsi con nuovi orari di vita e nuove esigenze. Non è quindi per nulla strano se la madre vive dei momenti di sconforto, si sente infastidita e stanca, ha a volte una sensazione di rifiuto. L’importante è non nascondere pensieri e sentimenti negativi e cercare il confronto, e il conforto, degli altri, rivolgendosi a strutture specializzate e, soprattutto, evitando di dare troppo peso alle opinioni degli altri o alle critiche: la parte più istintuale ed emotiva della nostra mente è spesso la guida migliore per orientarsi in questa nuova fase della vita.
Prima di avere figli
Di istinto materno si parla anche in relazione al desiderio di avere figli. Anche in questo caso non esistono regole o sensazioni giuste e altre che non lo sono. Non c’è nulla di anormale nel non avere desiderio di maternità, né a non sentirsi attratte dalla vita genitoriale. Può essere una fase passeggera della propria vita o una condizione permanente e sono tantissimi i fattori che entrano in gioco, razionali ed emotivi, nei confronti di questo argomento.
Come sempre quando ci si trova di fronte alla varietà dei comportamenti e degli atteggiamenti umani, è importante comprendere, non giudicare.
Riceverai una mail con le istruzioni per la pubblicazione del tuo commento.
I commenti sono moderati.