La sindrome della leonessa è una distorsione della percezione delle cose e degli avvenimenti che circondano una mamma e la fanno diventare ossessivamente gelosa come una leonessa con i suoi cuccioli.
Il paragone con la leonessa viene proprio dal modo in cui questo animale vive il rapporto con la propria prole: estremamente possessiva e protettiva, anche a costo della vita.
Se pensi di essere affetta dalla sindrome della leonessa, puoi vedere il bicchiere mezzo pieno, perché significa che stai prendendo coscienza del problema. La gelosia nei conforti di un neonato è normale, ma in alcuni casi può diventare patologica e causare nella madre un irrefrenabile istinto a tenerlo tutto per sé, nascondendolo dagli altri. A volte la gelosia è così forte da considerare pericoloso addirittura il partner.
In una situazione simile si giunge rapidamente a un tracollo dell’equilibrio di coppia, perché l’arrivo di un bambino, benché evento stupendo per entrambi i genitori, porta comunque a una destabilizzazione iniziale, a causa dello sconvolgimento delle abitudini quotidiane e dell’inizio di grandi responsabilità da assumere.
Mentre alcune madri si rendono conto del loro atteggiamento esageratamente protettivo e geloso nei confronti del proprio figlio, altre tendono invece a esacerbarlo, convinte di agire nel modo corretto e giudicano invasivi e inopportuni i consigli da parte di parenti ed amici (magari più esperti).
Le donne che vivono la sindrome della leonessa si pongono quindi in fase di difesa, pronte ad aggredire chiunque attacchi il loro cucciolo, anche se la “minaccia” dovesse provenire dal padre.
Le giustificazioni che le stesse donne danno del loro comportamento, denotano un totale distaccamento dalla realtà: hanno, infatti, paura che i propri figli possano essere contagiati da batteri e malattie portate da parenti o amici che potrebbero avere le mani sporche e toccano il bambino; temono che se il neonato si trova in braccio a qualcun altro, possa provare disagio e quindi deve necessariamente restare nel grembo materno; sono gelose delle troppe attenzioni da parte di terzi, magari intenzionati ad “usurpare” l’affetto materno.
Niente di tutto questo, ovviamente, è vero, o almeno non nei termini così enfatizzati dalla mamma leonessa, che si sente fiera dei suoi comportamenti iperprotettivi, frutto di una distorsione percettiva della realtà.
La rabbia che si genera verso gli altri, la gelosia patologica e l’ansia che coglie una madre affetta dalla sindrome della leonessa vanno anche oltre il semplice istinto materno di difesa del territorio.
Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda proprio la gelosia mostrata nei confronti del figlio, o della figlia, che manifesta simpatia nei confronti di un altro parente.
Questa condizione non è affatto da sottovalutare, soprattutto perché palese, e quindi è lo stesso partner a doverla notare e agire di conseguenza; lasciar perdere, sperando che il momento passi, può solo causare problemi seri al rapporto di coppia.
Il marito, o compagno, di una donna affetta da sindrome della leonessa, dovrebbe cercare una comunicazione diretta, rassicurante, protettiva, con lei, la cui morbosità è probabilmente dovuta ad una insicurezza di fondo, legata alla nostalgia della gravidanza e al momento di felicità, gioia e aspettative vissute in quella circostanza.
Il dialogo tra partner è la miglior forma di rassicurazione, se impostato in modo da intraprendere un percorso comune, verso l’abbandono graduale delle fobie e della gelosia che danno vita alla sindrome della leonessa.
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