Sincerità, volontà di comprendere e mente aperta: sono questi gli atteggiamenti ideali per affrontare i temi legati alla sessualità con i bambini. Spesso i genitori, o gli adulti che hanno a che fare con i bambini, si trovano in profondo imbarazzo quando vengono fatte loro domande sulla sfera sessuale ("Come nascono i bambini?", "Come mai maschi e femmine sono diversi?", per fare due esempi classici) o quando sentono che è il momento di affrontare il discorso. Da una parte ci sono i propri tabù, le proprie convinzioni e la propria esperienza in merito alla sessualità, dall'altra c'è la necessità di trasmettere conoscenze e valori ai bambini: si tratti di due esigenze che creano dubbi e difficoltà negli adulti, ma che è necessario gestire per poter educare a una sessualità informata, consapevole e serena.
Cosa dire e quando parlarne
I bambini sono curiosi: l'arrivo di un fratellino, il confronto tra il proprio corpo e quello degli altri, gli stimoli che provengono dall'esterno sono tutti elementi che generano domande, domande che vengono rivolte ai genitori. Come rispondere? In modo onesto ma adeguato all'età del bambino. Per non creare una visione distorta della realtà, meglio evitare fin da subito di raccontare storielle fantasiose. Lasciate cicogne e cavoli ai libri di fiabe e rispondete in modo sincero, anche se semplice e, se il bambino è piccolo, senza addentrarvi nei particolari. Non è necessario fornire una spiegazione da trattato medico, ma nemmeno nascondervi dietro scuse e ritrosie (sei troppo piccolo, quando sarà il momento ne parleremo, ecc.). Meglio usare parole ed esperienze che il bambino conosce, magari aiutandosi con qualche disegno adatto alla sua età. Soprattutto quando si riceve una domanda relativa alle differenze fisiche tra maschi e femmine, i disegni contenuti nei libri dedicati ai bambini o trovati sul web aiutano a spiegare con chiarezza le diversità a livello dei genitali; quando invece la domanda riguarda il come nascano i bambini, si può per esempio far riferimento alla crescita del bimbo dentro la pancia della donna, approfondendo il discorso con il passare degli anni, quando è bene dare maggiori dettagli sull'incontro tra il seme paterno e l'ovulo materno. In questo caso le parole scelte si fanno più precise (vagina, pene, utero), e il discorso può ampliarsi per spiegare le trasformazioni che il corpo del bambino sta subendo o subirà a breve.
L'esplorazione del proprio corpo e l'interesse per quello degli altri
Fin dai primi anni di vita i bambini esplorano il proprio corpo, genitali inclusi. Se inizialmente questo atteggiamento è legato alla naturale necessità di conoscersi (è il caso del neonato), con il tempo diventa anche un modo per ricavare piacere o conforto. È normale quindi che un bambino anche a 3 anni si tocchi i genitali. Nonostante la cosa possa provocare imbarazzo nei genitori, è bene mantenere un atteggiamento sereno: non c'è nulla di sbagliato o di perverso. L'unico problema potrebbe essere il fatto che il bambino si mostri in pubblico in tali atteggiamenti, al che gli va spiegato come sia bene, per motivi di convenienza sociale e di corretti rapporti con gli altri, evitare di adottarli quando ci sono altre persone, cercando al contempo di non trasmettere l'idea di qualcosa di “sporco” o proibito, ma solo di qualcosa di intimo e privato.
Con l'ingresso nel sistema scolastico e una frequentazione quotidiana con i suoi coetanei, questo interesse verso il proprio corpo si trasforma in una sempre maggiore attenzione verso quelli degli altri, del proprio e dell'altro sesso. Anche in questo caso condannare o criticare non serve: la naturale curiosità del bambino lo porterà a continuare queste esplorazioni che però saranno accompagnate da un senso di colpa che potrebbe durare per il resto della sua vita, oppure a smettere del tutto, ma con l'idea che tutto ciò che riguarda i genitali e quindi la sessualità sia qualcosa che non va fatto, che non va bene, che attira i rimproveri degli altri.
Chiaramente con il passare del tempo l'interesse per gli altri assumerà valenze più propriamente sessuali: questo significa che è venuto il momento di parlare chiaramente al proprio figlio dando da una parte le informazioni essenziali sulla pubertà in cui sta entrando (le trasformazioni del corpo, le mestruazioni, le polluzioni notturne dei maschi) e dall'altra affrontando il tema dei rapporti sessuali. Se a parole avete delle difficoltà, potrebbe essere per voi più semplice dare al bambino un libro che spieghi bene tutti questi aspetti, trovando poi l'occasione per confrontarvi con lui su quanto ha letto. Se non verrà direttamente a farvi delle domande, non pensate che la sua educazione sessuale sia ormai compiuta: rimarranno sicuramente dubbi e, soprattutto, ci saranno delle idee e delle emozioni di cui potrebbe voler parlare. Non fategli un interrogatorio per sapere se ha imparato tutto per bene, piuttosto stimolatelo, senza forzarlo, a chiedervi spiegazioni sulle cose che non gli sono chiare e a esprimere cosa ne pensa. Quello che è fondamentale percepisca è la vostra assoluta disponibilità ad ascoltarlo e a rispondere alle sue domande, senza critiche né giudizi, ma in modo sereno e competente. Un bambino che entrato nella fase puberale conosca quello che sta avvenendo al suo corpo e abbia un'idea chiara di cosa sia la sessualità, incluse informazioni sul rischio di gravidanze e di trasmissione di malattie, sarà probabilmente più responsabile e più autonomo nelle sue scelte, facendosi condizionare meno degli altri e dalle loro pressioni e vivendo in modo più sereno un periodo complesso come l'adolescenza.
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