Una delle tappe fondamentali della crescita del bambino è l’esperienza con la morte: non esiste un’età precisa in cui questo avviene perché ovviamente dipende da quando si verifica il primo lutto che coinvolge la sfera sentimentale del bambino.
Soprattutto se si tratta di figli piccoli, la tentazione quella di nascondere la verità, addolcendola con qualche “bugia bianca”. Ma è una scelta giusta per nostro figlio? Oppure lo facciamo per egoismo, per evitare di dover affrontare un argomento così assolutistico e irrimediabile? La morte è del resto il primo evento che “umanizza” i genitori agli occhi dei figli: se fino ad allora tendevano a vederli come supereroi; dopo un lutto i bambini scoprono che ci sono situazioni in cui anche gli adulti sono impotenti.
La sincerità è la prima regola
Che lo facciamo per lui o per noi, la tentazione di ricorrere a bugie per sminuire la durezza della morte è grande. La prima regola è invece la sincerità. Scuse del tipo “è partito per un lungo viaggio”, “è volato in cielo” etc non fanno che confondere il bambino.
Vi faccio un esempio pratico: qualche anno fa il nostro cane è morto. Mio nipote, che allora aveva 4 anni, mi ha chiesto dove era finito e io, per evitare di nominare la parola morte (ma al tempo stesso per non accrescere in lui il senso di abbandono) ho raccontato che i poliziotti lo avevano scelto per addestrarlo come cane poliziotto. Inizialmente lui ha creduto alla storiella ed è anche stato orgoglioso per il fatto che la Polizia avesse scelto il suo cane. Dopo qualche giorno però la nostalgia ha preso il sopravvento e il gesto dei poliziotti ha cominciato ad assumere ai suoi occhi il carattere di un abuso crudele.
Quali parole usare per spiegare la morte?
Ovviamente la difficoltà nell’affrontare l’argomento è anche proporzionata al tipo di legame con la persona defunta. Solitamente i primi lutti che coinvolgono il bambino sono la morte di uno dei nonni o dell’animale domestico. È evidente che, sebbene entrambe dolorose, le due situazioni non si pongono sullo stesso piano.
Rispondete ai dubbi del bambino senza mentirgli o fare giri di parole e soprattutto lasciate che sfoghi il suo dolore e che mantenga il ricordo. Non togliete fotografie o oggetti che possano riportare alla mente la persona defunta.
Un discorso a parte merita la scelta di partecipare o meno al funerale: chiedete anche a lui se se la sente. Non è detto che debba essere necessariamente un’esperienza negativa: per alcuni può essere d’aiuto per esorcizzare l’irrevocabilità della morte. Solo nei casi più estremi, di parenti molto intimi, in cui riscontrate nel bambino serie difficoltà a reagire a questo evento, chiedete l’aiuto di uno specialista.
Parlare del Paradiso oppure no?
Ovviamente per dei genitori credenti raccontare la morte a un bambino è molto più facile che per persone atee. In caso di genitori credenti, infatti, la morte assume un significato all’interno di un progetto divino più grande che, sebbene un bambino possa avere difficoltà a comprendere, sicuramente è di aiuto per i genitori al momento della spiegazione di questo evento. Tuttavia è consigliabile fornire ai bambini un’idea della morte scevra di troppe influenze religiose che rischiano di confonderli. Limitatevi a consolarlo chiarendo che, sebbene la persona cara non sia più presente fisicamente, lo è spiritualmente.
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