C’è un momento della vita di ogni donna in cui si pone la fatidica domanda: voglio avere un figlio? Al di là della propensione personale, ci sono alcuni fattori da prendere in considerazione a prescindere, fattori che in un momento di crisi come quello attuale diventano davvero importanti. In questa sede non si vuole orientare la scelta verso una direzione o l’altra, l’intenzione è quella di aiutare a razionalizzare la riflessione, che ovviamente dovrà portare alla soluzione migliore per il singolo caso.
La stabilità affettiva
Sembra banale, ma è bene partire proprio da qui, ovvero da quanto sentiamo stabile la nostra coppia. Avere un figlio significa moltiplicare la pressione che una coppia in generale sostiene per fronteggiare tutti gli impegni quotidiani. Non è tanto l’amore reciproco a dover essere valutato (che si dà per scontato) quanto piuttosto la capacità di collaborazione e di lavorare in tandem.
Pensare di avere un figlio per togliere quella patina di monotonia che si può avvertire nella coppia, non è sicuramente l’idea migliore. È bene invece testare la disponibilità da parte di entrambi di sacrificare non solo il tempo libero, ma anche le cose più importanti come la qualità del proprio lavoro e della propria vita.
Pensare alla logistica in anticipo e discuterne può essere un’utile palestra teorica per mettersi a confronto con le difficoltà oggettive come darsi i turni per stare con il bambino, capire quanto si è autonomi e quanto sarebbe necessario l’aiuto eventuale dei nonni (e quanto si è disposti a fare affidamento sull’intervento dei suoceri). Chi lo accudisce e per quanto tempo? È necessario affidarsi a strutture pubbliche? Chi e come può portare il bimbo all’asilo? Chi si occupa della casa nel frattempo?
Se c’è un buono scambio dei ruoli fra i due partner, con una effettiva partecipazione alla vita domestica e familiare anche da parte del papà, non c’è motivo di temere: i primi tempi sono certamente difficili ma poter contare sull’aiuto del proprio partner in primis è rassicurante.
Lavoro e maternità
Altro tema spinoso cui si deve riflettere (in due) è il lavoro della futura mamma.
Quanto è stabile? In caso la mamma perdesse il lavoro a causa della sopraggiunta maternità, come si può fronteggiare la situazione? La donna deve tenere in conto la possibilità di non avere più lo stesso tipo di lavoro quando rientra, nel peggiore dei casi deve pensare di poter perdere proprio l’occupazione.
Spesso la contrattazione per il part time successivo comporta situazioni antipatiche con il datore di lavoro e la soluzione concordata non sempre è a vantaggio della mamma. Molto dipende dal tipo di mansione svolta e dal luogo in cui la si pratica.
Se invece si parte da una situazione di disoccupazione, è necessario pensare a quali possibilità reali si hanno di trovare un’occupazione dopo la maternità. Spesso la soluzione temporanea può essere quella di accettare un part time meno qualificato rispetto alle proprie capacità, apprezzando la libertà di tempo che concede. La formula di un contratto a tempo determinato non sempre si dimostra negativa, se è quello che desideriamo.
I costi pre e post maternità
Altro elemento da valutare è quello dei costi. I nove mesi di gravidanza devono essere monitorati da esami e visite, se poi l’età comincia a essere elevata sono necessari controlli aggiuntivi.
Molto dipende dallo stile di maternità che si vuole seguire. C’è chi si affida interamente al servizio sanitario pubblico, cercando di sfruttare il più possibile le strutture per ricevere la corretta assistenza a costo zero o ridotto. C’è chi invece preferisce ricorrere al privato, per abbattere i tempi di attesa spesso lunghi. C’è chi opta per una soluzione mista.
Ma non sono tanto i costi del pre quanto del post gravidanza a incidere sul bilancio familiare.
Anche qui dipende molto dalle soluzioni che si adotteranno, ma è comunque da tenere in conto che la spesa per pannolini, abbigliamento, medicine, cibo (in caso di particolari intolleranze o di ricorso al latte artificiale) è sicuramente ingente.
Molte mamme ricorrono all’aiuto delle amiche chiedendo in prestito tutto quello che è possibile ricevere, dal cuscino per l’allattamento, agli abitini, alla culla fino ai seggiolini e al fasciatoio.
Parte delle spese per il bimbo andranno a prendere il posto delle spese prima utilizzate per le attività del tempo libero (che in realtà nei primi mesi non si avrà più interesse nel condurre). È comunque importante farsi i conti in tasca per avere un’idea dello sforzo necessario. Spesso può essere sufficiente avere un contratto a progetto, mentre altre volte il tempo indeterminato non garantisce la sicurezza economica che si vorrebbe. Ogni situazione è davvero soggettiva e soprattutto si deve pensare a medio termine, i soldi vanno e vengono e le spese tenderanno a stabilizzarsi mano a mano che ciascun nuovo nucleo familiare troverà l’equilibrio.
Il consiglio è in particolar modo uno: testare la propria motivazione. Un figlio è un impegno che dura tutta la vita, è bene essere ben consapevoli delle difficoltà e delle gioie che può portare, per evitare di far ricadere sul piccolo i nostri disagi di coppia o le nostre insicurezze. Fatte quindi le dovute valutazioni di tipo economico e logistico, l’ultima analisi deve essere proprio sulla motivazione. La crisi è sicuramente un deterrente, ma se si pensa alle generazioni dei nostri nonni, in cui guerre e privazioni erano all’ordine del giorno, dobbiamo piuttosto pensare alla nostra volontà e capacità di dedizione.
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