In Italia, sempre più coppie decidono di andare a vivere insieme senza sposarsi. In molti casi da queste unioni nascono dei figli. Si tratta di un fenomeno abbastanza recente nella storia della società italiana ma in forte crescita.
La situazione di convivenza tra due persone, e dunque di relazione stabile, non è ad oggi regolata dalla legge italiana. Tuttavia recentemente la Cassazione ha preso in considerazione il rapporto di convivenza, laddove si possa dimostrare il carattere di stabilità della coppia. Un’unione stabile tra due persone non fondata sul matrimonio è definita dalla normativa famiglia di fatto (o convivenza more uxorio) e indica una comunione di vita materiale e spirituale tra due individui.
Vediamo cosa dice nel dettaglio la normativa in merito alla tutela dei figli nati nell’ambito di famiglie di fatto.
Nel caso in cui nasca un figlio da una convivenza, è fondamentale che il padre lo riconosca: solo così, infatti, potranno essere avanzate pretese per la tutela del figlio in caso di controversie o fine della convivenza.
I diritti dei figli nati da convivenze sono stati equiparati a quelli dei figli nati da coppie sposate. La differenza tra figli naturali e figli legittimi ha dunque cessato di esistere. I genitori hanno dunque l’obbligo di educare, istruire e mantenere i propri figli indipendentemente dal tipo di unione in cui questi sono nati.
In caso di contrasti nella coppia e conseguente fine della convivenza, l’affidamento viene stabilito in base al criterio dell’interesse del minore. In caso di disaccordo è il Tribunale dei Minori che deciderà ogni questione relativa all’affidamento dei figli. Anche per il mantenimento degli stessi, nel caso in cui non ci sia accordo tra i genitori, sarà il Tribunale Ordinario a decidere in materia.
Nel caso in cui la convivenza finisca, il genitore a cui non viene affidato il figlio può essere obbligato a versare un assegno di mantenimento, ovviamente solo in caso in cui il figlio sia stato legittimamente riconosciuto. Anche le spese straordinarie, come le spese mediche o per motivi di studio, potrebbero rientrare in questo caso.
In caso di decesso del convivente, il/la compagno/a non ha diritto né all’eredità né alla pensione di reversibilità; tuttavia, nel caso in cui siano nati dei figli, questi saranno i legittimi eredi del patrimonio del genitore deceduto.
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