Esiste un inquietante fenomeno che colpisce una piccola percentuale di neonati che viene denominata “morte in culla”, nota in campo medico anche come SIDS (Sudden Infant Death Sindrome). E’ un male poco conosciuto che porta via la vita ad alcuni bimbi, in una percentuale che varia da 0,5% a 3,5% ogni 1000 neonati.
Monitorare il fenomeno con precisione è difficile perché si tratta di una sindrome difficile da diagnosticare e le cui cause scatenanti sono ancora un mistero.
La morte in culla colpisce i bambini nel sonno, durante le prime settimane di vita.
La dinamica, come già detto, è piuttosto oscura, il neonato semplicemente cessa di respirare senza spiegazione quando è nella culla, nel lettino, nel passeggino oppure mentre è in braccio.
Anche se poter prevenire totalmente questa disgrazia è impossibile, si possono tuttavia evitare certi comportamenti o abitudini che sembrano rappresentare un fattore di rischio per la morte in culla.
L’allattamento naturale può fornire una buona protezione, com’è stato descritto su diverse pubblicazioni scientifiche.
E’ inoltre bene cercare di non esporre il piccolo ad altri fattori che possono favorire l’insorgere di questa sindrome, come il caldo eccessivo, il fumo (sia attraverso la mamma durante la gravidanza che in forma passiva) ed elementi che possono provocare infezioni respiratorie come ambienti insalubri, polverosi e sbalzi di temperatura.
E’ importante notare come si sia riscontrata una mortalità maggiore nei bebè messi a dormire a pancia in giù, si tratta dell’80% dei casi; quelli che vengono fatti risposare in posizione supina possono ridurre i rischi di più del 50%.
Insomma una delle norme di sicurezza primarie sembra proprio essere quella di adagiare il bambino facendolo appoggiare sulla schiena.
Questa precauzione è raccomandata da molti pediatri, al punto che, negli Stati Uniti alcune case produttrici di pannolini hanno deciso di stampare sulla parte posteriore del prodotto la scritta “Back is the best!” che significa “Sulla schiena è meglio”.
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