Una donna su quattro circa ha delle perdite di sangue durante la gravidanza. Si tratta di un evento che può, per fortuna non nella maggioranza dei casi, indicare che ci sono dei problemi nello sviluppo della gestazione e che impone sempre un accertamento medico. I criteri di valutazione che saranno presi in considerazione sono due: il tipo di perdite ematiche (colore, quantità) e il trimestre di gravidanza.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il sanguinamento può essere copioso e continuo o poco intenso e sporadico, e il colore varia dal rosa pallido (quando il sangue si è mischiato con le normali secrezioni vaginali) al rosso vivo (se molto recenti) fino al marrone, a indicare come il fenomeno sia stato più lento e il sangue abbia avuto modo di ossidarsi nella sua discesa verso l’esterno. Sia l’intensità che il colore del sanguinamento non hanno una correlazione diretta con la gravità di un eventuale problema in atto: anche perdite poco abbondanti o di colore molto chiaro possono essere il segnale di minacce di aborto. È quindi fondamentale rivolgersi al pronto soccorso, al reparto ostetrico-ginecologico dell'ospedale o al proprio ginecologo appena si rilevano tali perdite.
Il primo trimestre di gravidanza: cause fisiologiche e patologiche
Nel primo trimestre le perdite di sangue possono essere associate a condizioni fisiologiche, non pericolose né per la madre né per il feto, ma che è sempre bene valutare insieme al medico, o a condizioni patologiche.
Per quanto riguarda le prime si può trattare o di un effetto dei rapporti sessuali o di un fenomeno che mima la mestruazione ma che in realtà coincide con l’impianto dell’embrione in utero. Nel primo caso è consigliato un controllo, ma di solito non si tratta di fenomeni preoccupanti. Nel secondo invece si è in presenza di un fatto normale, chiamato “segno della morula”, che avviene spesso proprio in corrispondenza dei giorni in cui sono attese le mestruazioni (l’impianto data 9-10 giorni dal concepimento) e si manifesta con perdite scarse ma di color rosso vivo, a causa della rottura di qualche capillare.
Un altro motivo che non ha di solito conseguenze negative è la presenza di polipi a livello della cervice o di piccoli fenomeni di rottura di varici o vasi sanguigni nell’apparato vaginale, che è più irrorato e quindi più soggetto a microtraumi.
Si tratta invece di un segnale patologico quando si è di fronte a un aborto spontaneo. Questo avviene in media nelle prime settimane di gravidanza (entro la 13°) e si manifesta con perdite di sangue, dolore al basso ventre ed espulsione di coaguli e altro materiale. Se l’aborto è in atto, il dolore tende a diventare continuo, mentre il sanguinamento si fa copioso: è quindi necessario rivolgersi subito in ospedale per accertare cosa stia avvenendo. Anche una minaccia di aborto si manifesta con perdite ematiche, ma il suo decorso non è detto sia infausto, per cui potrebbe rientrare e la gravidanza proseguire.
Perdite di sangue, spesso intense, si possono avere, infine, in caso di gravidanze extrauterine (quando l’embrione si impianta a livello delle tube o nell’utero, ma in corrispondenza della cervice e non nella sua sede naturale, o persino a livello di ovaie o addome) su cui bisogna agire con una terapia medica o un intervento chirurgico, e in caso di gravidanze molari, in cui un’anomalia dello sviluppo della placenta produce delle cisti piene di liquido. In questa condizione particolare il feto è assente o il suo sviluppo viene precocemente interrotto. Una simile gravidanza non può essere portata a termine, ma si agisce in modo da evitare ogni rischio per la madre e non compromettere futuri concepimenti. Si tratta comunque di casi molto rari, probabilmente favoriti dall’età molto bassa o piuttosto avanzata della gestante.
Il secondo e terzo trimestre: subito dal medico
Se il sanguinamento avviene nel secondo o terzo trimestre di gravidanza bisogna rivolgersi con urgenza all’ospedale. Può infatti essere un segnale di anomalie dell’apparato genitale come nei 3 mesi precedenti (per esempio i polipi), o di piccoli traumi che possono essere causati dai rapporti sessuali, ma può anche indicare come sia in atto un problema a livello placentare.
Le cause patologiche sono infatti legate nella maggioranza dei casi a un distacco della placenta o al cosiddetto fenomeno della placenta previa.
Il processo di distacco della placenta non è comune e può essere provocato da traumi o uso di sostanze stupefacenti, mentre viene favorito dal fumo e da un’alta pressione sanguigna materna. Il distacco precoce di quest’organo che ha la funzione di permettere gli scambi metabolici tra madre e figlio è molto pericoloso e il rischio è correlato all’estensione del distacco stesso, che può, se marginale, ricomporsi a fronte di un periodo di assoluto riposo oppure essere massivo e quindi richiedere un intervento chirurgico urgente, con gravi rischi per il bambino.
Un altro caso possibile è quello della placenta previa: essa risulta situata ben più in basso rispetto alla sua sede naturale. Può non creare alcun sintomo nel primo periodo di gestazione, ma quando, durante il terzo trimestre, il cosiddetto segmento uterino inferiore si espande (processo fisiologico che serve a favorire l’aumento di volume dell’utero per assecondare la crescita fetale) la placenta e i suoi vasi sanguigni si rompono e questo crea delle perdite (a differenza del distacco della placenta, le perdite sono sempre rosso vivo e anche intense, ma solitamente non accompagnate dalla sensazione di dolore). Anche in questo caso bisogna subito rivolgersi al medico che valuterà se sarà sufficiente una terapia specifica o se ricorrere al parto cesareo.
Infine, anche i parti prematuri si manifestano con il sanguinamento, più o meno copioso e dal colore più o meno intenso. I vasi sanguigni della cervice infatti si rompono e danno vita a questa manifestazione. Il parto pretermine è tanto più pericoloso quanto minore è l’età del feto: dalla 36° settimana in poi il livello di rischio si abbassa in modo significativo.
Non è invece preoccupante una perdita di sangue nell’imminenza del parto, perché spesso è un effetto collaterale dell’emissione del tappo mucoso o delle contrazioni in atto.
Perdite non ematiche
Durante la gravidanza si possono verificare perdite non ematiche, che spesso preoccupano, anche senza un reale rischio, la futura mamma. Se sono di liquido, più o meno viscoso, trasparente si tratta di normali secrezioni vaginali, che accompagnano il ciclo ormonale femminile per tutta la vita e che compaiono spesso con ancora maggiore abbondanza durante la gravidanza. Non rappresentano un pericolo e non vanno “curate”: meglio evitare l’uso sia di detergenti specifici che possono danneggiare la flora vaginale, sia dei salvaslip, che non permettono alla pelle di traspirare.
Se invece le perdite sono biancastre o giallastre, risultano dense e hanno cattivo odore, è bene effettuare un tampone vaginale per escludere infezioni batteriche o virali e micosi. Se risultasse positivo a qualche agente infettivo, la cura deve essere tempestiva perché altrimenti si favoriscono esiti avversi (aborti spontanei, parti prematuri…).
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