Ru486

LA Ru486 è un farmaco utilizzato per l’aborto chimico e può essere somministrata entro i primi 2 mesi di gravidanza.
Essendo prodotta sotto forma di compressa, è assunta oralmente e non richiede, quindi, interventi chirurgici, rendendo l’aborto meno traumatico per il fisico della donna.
La Ru486 in Italia
Quando si affronta il tema dell’aborto, il rischio è ancora oggi quello di perdersi in osservazioni di tipo etico, religioso, filosofico o morale. Nonostante l’aborto tramite intervento chirurgico sia stato riconosciuto più di trenta anni fa esistono ancora molte correnti tradizionaliste che guardano indietro.
Nel frattempo, però, la scienza va avanti e, grazie all’introduzione della pillola Ru486, oggi l'IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) è praticabile anche tramite metodo farmacologico. Dopo un lungo iter stabilito dalle normative europee (noto come procedura di mutuo riconoscimento), nel luglio 2009 l'Aifa ha autorizzato la commercializzazione della Ru486 anche in Italia. Di fatto la Legge 194 del 1978 imponeva solo un limite temporale all’interruzione della gravidanza e non poneva ostacoli a possibili evoluzioni scientifiche che avessero introdotto metodi alternativi per praticarla. Per questo motivo dal primo aprile scorso anche in Italia le donne possono scegliere e va ribadito che la decisione deve essere presa esclusivamente dalla persona direttamente interessata.
Ru486 e intervento chirurgico a confronto
Quello che possiamo fare invece è presentare più da vicino questa novità relativamente recente (il primo progetto risale al 1982) e porla a confronto con il tradizionale intervento chirurgico sotto diversi parametri per consentire ad ogni donna una scelta più ponderata e consapevole.
In nessun caso abortire è una scelta più facile dal punto di vista psicologico e indolore fisicamente: dal punto di vista mentale, ingoiare una pillola o sottoporsi al bisturi non serve a cancellare l’evento in sé.
Tuttavia alcuni obiettori hanno sottolineato come l’introduzione della pillola, facilitando il procedimento di interruzione della gravidanza, di fatto sia un invito ad abortire con maggiore superficialità. In realtà va detto che se l’intervento chirurgico viene eseguito sotto narcosi, la donna lo vive incoscientemente mentre, assumendo la pillola, l’aborto è sperimentato in maniera inevitabilmente consapevole.
Ma aldilà dell’aspetto psicologico appare opportuno effettuare un raffronto dal punto di vista fisico.
In entrambi i casi si possono verificare crampi addominali e può essere utile il ricorso ad antidolorifici. Abortire comporta inevitabilmente perdite di sangue: statisticamente queste sono risultate essere leggermente più lunghe nel caso di metodo farmaceutico e arrivano fino a 9-10 giorni (ma in alcuni casi più rari possono prolungarsi ulteriormente).
Tra gli effetti collaterali ci sono nausea e diarrea: in caso l’intervento queste reazioni sono dovute alla narcosi mentre, in caso di assunzione di Ru486, a causare questi sintomi è la prostaglandina.
Statisticamente rischi e complicazioni sono ridotti in entrambi i metodi: la media per conseguenze gravi è dell’uno per cento dei casi.
Essendo prodotta sotto forma di compressa, è assunta oralmente e non richiede, quindi, interventi chirurgici, rendendo l’aborto meno traumatico per il fisico della donna.
La Ru486 in Italia
Quando si affronta il tema dell’aborto, il rischio è ancora oggi quello di perdersi in osservazioni di tipo etico, religioso, filosofico o morale. Nonostante l’aborto tramite intervento chirurgico sia stato riconosciuto più di trenta anni fa esistono ancora molte correnti tradizionaliste che guardano indietro.
Nel frattempo, però, la scienza va avanti e, grazie all’introduzione della pillola Ru486, oggi l'IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) è praticabile anche tramite metodo farmacologico. Dopo un lungo iter stabilito dalle normative europee (noto come procedura di mutuo riconoscimento), nel luglio 2009 l'Aifa ha autorizzato la commercializzazione della Ru486 anche in Italia. Di fatto la Legge 194 del 1978 imponeva solo un limite temporale all’interruzione della gravidanza e non poneva ostacoli a possibili evoluzioni scientifiche che avessero introdotto metodi alternativi per praticarla. Per questo motivo dal primo aprile scorso anche in Italia le donne possono scegliere e va ribadito che la decisione deve essere presa esclusivamente dalla persona direttamente interessata.
Ru486 e intervento chirurgico a confronto
Quello che possiamo fare invece è presentare più da vicino questa novità relativamente recente (il primo progetto risale al 1982) e porla a confronto con il tradizionale intervento chirurgico sotto diversi parametri per consentire ad ogni donna una scelta più ponderata e consapevole.
In nessun caso abortire è una scelta più facile dal punto di vista psicologico e indolore fisicamente: dal punto di vista mentale, ingoiare una pillola o sottoporsi al bisturi non serve a cancellare l’evento in sé.
Tuttavia alcuni obiettori hanno sottolineato come l’introduzione della pillola, facilitando il procedimento di interruzione della gravidanza, di fatto sia un invito ad abortire con maggiore superficialità. In realtà va detto che se l’intervento chirurgico viene eseguito sotto narcosi, la donna lo vive incoscientemente mentre, assumendo la pillola, l’aborto è sperimentato in maniera inevitabilmente consapevole.
Ma aldilà dell’aspetto psicologico appare opportuno effettuare un raffronto dal punto di vista fisico.
In entrambi i casi si possono verificare crampi addominali e può essere utile il ricorso ad antidolorifici. Abortire comporta inevitabilmente perdite di sangue: statisticamente queste sono risultate essere leggermente più lunghe nel caso di metodo farmaceutico e arrivano fino a 9-10 giorni (ma in alcuni casi più rari possono prolungarsi ulteriormente).
Tra gli effetti collaterali ci sono nausea e diarrea: in caso l’intervento queste reazioni sono dovute alla narcosi mentre, in caso di assunzione di Ru486, a causare questi sintomi è la prostaglandina.
Statisticamente rischi e complicazioni sono ridotti in entrambi i metodi: la media per conseguenze gravi è dell’uno per cento dei casi.
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