Cenni storici sull'aborto

Alcuni dati significativi che si dovrebbero prendere in considerazione quando si parla di aborto provocato:
incidenza del 2-3% della popolazione femminile in età riproduttiva;
questo dato associato alla percentuale di gravidanza riconosciute e allargato su scala mondiale si attesta approssimativamente a 1 su 5, ciò significa che su quattro gravidanze riconosciute portate a termine una quinta donna richiede l’interruzione di gravidanza.
Ogni anno oltre un milione di donne richiede di essere sottoposta all’interruzione volontaria di gravidanza.
Questi numeri che appaiono enormi sono in realtà il risultato di un grandioso progresso nella pratica medica e nella prevenzione.
Già nell’800 in Europa era stata emanata una legge che cercava di tutelare la salute delle donne dai medici ciarlatani che praticavano aborti apparentemente sicuri, nasceva quindi il divieto di aborto, un sistema legale che impediva alle donne di mettersi nelle mani di veri e propri macellai senza scrupoli.
Ciò che avveniva nel passato come pratica preventiva, e in condizioni mediche arretrate, divenne un paradosso nell’età moderna, specie dopo gli anni cinquanta, quando i cambiamenti sociali e mentali imponevano che tali leggi venissero modificate.
Nel frattempo la pratica medica si era evoluta e gli ospedali erano pieni di donne di ogni età che si presentavano nelle cliniche con le evidenti complicazioni relative ad un’interruzione di gravidanza clandestina.
Negli anni ’60 poi, specie negli Stati Uniti, gli ospedali erano letteralmente affollati di donne con complicazioni conseguenti all’aborto; gli animi iniziarono a scaldarsi, mancava prevenzione, mancavano sistemi che informassero i giovani sui rischi del sesso non protetto, mancava una legislazione che regolamentasse la pratica abortiva, nel frattempo però, contemporaneamente, aumentava la libertà sessuale, le donne si emancipavano e chiedevano riconoscimento dei propri diritti fra i quali quello di decidere se tenere o meno un figlio indesiderato.
Si arrivò comunque fino agli anni ’70 prima che le pressioni sociali imponessero una legge a favore dell’aborto assistito.
La chiesa si è sempre schierata contro questa pratica, anche di fronte agli allarmanti numeri di casi di morte di donne disperate ricorse all’aborto casalingo, la questione abortiva diviene quindi non solo un campo di discussione medica, ma anche morale.
I numeri tuttavia parlarono chiaro da subito, dopo l’introduzione della legge 194 del 1978 la richiesta di aborto subì un picco crescente fino all’inizio degli anni ’80, arrivando alla cifra di 230.000 aborti del 1983, contemporaneamente nascevano però le campagne di sensibilizzazione sul sesso sicuro, venivano distribuiti preservativi ai giovani, veniva introdotta nelle scuole l’educazione sessuale, la televisione stessa iniziò a fare informazione a riguardo (anche perché era il periodo in cui il tema AIDS iniziò a farsi sentire), i consultori divennero un punto di riferimento importantissimo per donne di ogni età che avessero bisogno di sostegno e di cure mediche anonime etc.
Questo cambiamento dell’atteggiamento culturale portò ad una sensibile diminuzione delle richieste di aborto, che nel 1996 si erano ridotte a 126.000, la metà nel giro di soli 16 anni dall’entrata in vigore della legge, la cifra si è poi stabilizzata sino al 2007.
Per la sanità e per la socialità questa presa di coscienza fu un passaggio indispensabile che segnò inevitabilmente quegli anni di grandi rivoluzioni sociali.
La legge che regolamenta l’aborto venne confermata con un referendum nel 1981, che suscitò un vero e proprio sollevamento delle masse, il 68% della popolazione si dimostrò favorevole!
Oggigiorno ci troviamo di fronte ad un problema nei confronti dell’aborto assistito, il tema si è riacceso quando si è discussa la possibilità di mettere in commercio la RU 486 (la pillola abortiva) di cui nel 2005, sotto il governo Berlusconi, è stata vietata la vendita.
La pillola abortiva permetterebbe di diminuire i costi statali per l’aborto provocato, e consentirebbe ai consultori di svolgere in maniera più rapida gli aborti.
Con il flusso di immigrati che si è registrato negli ultimi anni sono infatti cambiati i dati relativi all’abortività in Italia.
Per quanto riguarda le donne italiane il numero continua a diminuire, specie nelle ragazze al di sotto del 30 anni, le quali oramai conoscono molto bene le pratiche preventive, ma aumentano invece gli aborti fra le donne immigrate, specie per coloro che arrivano dai paesi dell’est o dall’Africa.
I dati parlano chiaro, più del 30% degli aborti in Italia riguarda donne immigrate che ignorano o non possono accedere economicamente ai sistemi di prevenzione della gravidanza, mentre la percentuale di straniere è decisamente inferiore.
In mancanza di informazione costante e corretta e in conseguenza all’ignoranza e al disinteresse che spesso gravita intorno al tema dell’aborto sono nuovamente aumentati gli aborti clandestini, proprio fra quelle donne alle quali il sistema sanitario italiano non riesce ad andare incontro diminuendo il tempo di attesa.
In paesi come Stati Uniti, Svezia, Francia e Gran Bretagna la pillola abortiva è già divenuta una realtà concreta, un metodo innovativo per evitare invasivi interventi chirurgici, un sistema veloce per garantire una riuscita ottimale.
Alcuni altri dati che confermano che sul tema dell’aborto c’è da discutere specie in connessione alla prevenzione e all’informazione (a scuola purtroppo se ne parla ancora troppo poco), riguardano il numero di donne che incorrono in una seconda o in una terza interruzione di gravidanza dopo il primo aborto.
incidenza del 2-3% della popolazione femminile in età riproduttiva;
questo dato associato alla percentuale di gravidanza riconosciute e allargato su scala mondiale si attesta approssimativamente a 1 su 5, ciò significa che su quattro gravidanze riconosciute portate a termine una quinta donna richiede l’interruzione di gravidanza.
Ogni anno oltre un milione di donne richiede di essere sottoposta all’interruzione volontaria di gravidanza.
Questi numeri che appaiono enormi sono in realtà il risultato di un grandioso progresso nella pratica medica e nella prevenzione.
Già nell’800 in Europa era stata emanata una legge che cercava di tutelare la salute delle donne dai medici ciarlatani che praticavano aborti apparentemente sicuri, nasceva quindi il divieto di aborto, un sistema legale che impediva alle donne di mettersi nelle mani di veri e propri macellai senza scrupoli.
Ciò che avveniva nel passato come pratica preventiva, e in condizioni mediche arretrate, divenne un paradosso nell’età moderna, specie dopo gli anni cinquanta, quando i cambiamenti sociali e mentali imponevano che tali leggi venissero modificate.
Nel frattempo la pratica medica si era evoluta e gli ospedali erano pieni di donne di ogni età che si presentavano nelle cliniche con le evidenti complicazioni relative ad un’interruzione di gravidanza clandestina.
Negli anni ’60 poi, specie negli Stati Uniti, gli ospedali erano letteralmente affollati di donne con complicazioni conseguenti all’aborto; gli animi iniziarono a scaldarsi, mancava prevenzione, mancavano sistemi che informassero i giovani sui rischi del sesso non protetto, mancava una legislazione che regolamentasse la pratica abortiva, nel frattempo però, contemporaneamente, aumentava la libertà sessuale, le donne si emancipavano e chiedevano riconoscimento dei propri diritti fra i quali quello di decidere se tenere o meno un figlio indesiderato.
Si arrivò comunque fino agli anni ’70 prima che le pressioni sociali imponessero una legge a favore dell’aborto assistito.
La chiesa si è sempre schierata contro questa pratica, anche di fronte agli allarmanti numeri di casi di morte di donne disperate ricorse all’aborto casalingo, la questione abortiva diviene quindi non solo un campo di discussione medica, ma anche morale.
I numeri tuttavia parlarono chiaro da subito, dopo l’introduzione della legge 194 del 1978 la richiesta di aborto subì un picco crescente fino all’inizio degli anni ’80, arrivando alla cifra di 230.000 aborti del 1983, contemporaneamente nascevano però le campagne di sensibilizzazione sul sesso sicuro, venivano distribuiti preservativi ai giovani, veniva introdotta nelle scuole l’educazione sessuale, la televisione stessa iniziò a fare informazione a riguardo (anche perché era il periodo in cui il tema AIDS iniziò a farsi sentire), i consultori divennero un punto di riferimento importantissimo per donne di ogni età che avessero bisogno di sostegno e di cure mediche anonime etc.
Questo cambiamento dell’atteggiamento culturale portò ad una sensibile diminuzione delle richieste di aborto, che nel 1996 si erano ridotte a 126.000, la metà nel giro di soli 16 anni dall’entrata in vigore della legge, la cifra si è poi stabilizzata sino al 2007.
Per la sanità e per la socialità questa presa di coscienza fu un passaggio indispensabile che segnò inevitabilmente quegli anni di grandi rivoluzioni sociali.
La legge che regolamenta l’aborto venne confermata con un referendum nel 1981, che suscitò un vero e proprio sollevamento delle masse, il 68% della popolazione si dimostrò favorevole!
Oggigiorno ci troviamo di fronte ad un problema nei confronti dell’aborto assistito, il tema si è riacceso quando si è discussa la possibilità di mettere in commercio la RU 486 (la pillola abortiva) di cui nel 2005, sotto il governo Berlusconi, è stata vietata la vendita.
La pillola abortiva permetterebbe di diminuire i costi statali per l’aborto provocato, e consentirebbe ai consultori di svolgere in maniera più rapida gli aborti.
Con il flusso di immigrati che si è registrato negli ultimi anni sono infatti cambiati i dati relativi all’abortività in Italia.
Per quanto riguarda le donne italiane il numero continua a diminuire, specie nelle ragazze al di sotto del 30 anni, le quali oramai conoscono molto bene le pratiche preventive, ma aumentano invece gli aborti fra le donne immigrate, specie per coloro che arrivano dai paesi dell’est o dall’Africa.
I dati parlano chiaro, più del 30% degli aborti in Italia riguarda donne immigrate che ignorano o non possono accedere economicamente ai sistemi di prevenzione della gravidanza, mentre la percentuale di straniere è decisamente inferiore.
In mancanza di informazione costante e corretta e in conseguenza all’ignoranza e al disinteresse che spesso gravita intorno al tema dell’aborto sono nuovamente aumentati gli aborti clandestini, proprio fra quelle donne alle quali il sistema sanitario italiano non riesce ad andare incontro diminuendo il tempo di attesa.
In paesi come Stati Uniti, Svezia, Francia e Gran Bretagna la pillola abortiva è già divenuta una realtà concreta, un metodo innovativo per evitare invasivi interventi chirurgici, un sistema veloce per garantire una riuscita ottimale.
Alcuni altri dati che confermano che sul tema dell’aborto c’è da discutere specie in connessione alla prevenzione e all’informazione (a scuola purtroppo se ne parla ancora troppo poco), riguardano il numero di donne che incorrono in una seconda o in una terza interruzione di gravidanza dopo il primo aborto.
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