Aborto spontaneo

La morte del feto mentre si trova ancora nell'utero materno è una delle complicanze più dolorose e difficili da affrontare per una donna che voglia essere madre. Ma come avviene un aborto spontaneo? Può avvenire nel corso del primo trimestre, il più pericoloso sotto ogni punto di vista per il bambino, alle prime fasi di formazione, ma anche molto più avanti. Si definisce tale quando capita entro 180 giorni dal concepimento (25 settimane e 5 giorni dall'ultima mestruazione), senza cause esterne evidenti. Oltre questa data il feto, grazie agli strumenti e alle conoscenze nell'ambito della terapia intensiva, può sopravvivere anche fuori dall'utero e quindi si può indurre il parto in caso di sofferenza fetale e cercare di completare la crescita artificialmente.
Qualche statistica
L’aborto spontaneo colpisce con un’incidenza del 15-20%, con una predilezione per le prime settimane (entro la 13°). Spesso, perciò, si scopre di aver perso il bambino senza aver prima saputo di essere incinta. Anche se fecondati, poi, il 15% degli ovuli vengono persi prima che si possano impiantare nell’utero: in tal caso la gravidanza non ha nemmeno inizio. Il dato positivo è che, una volta rilevata l’attività cardiaca del feto, le probabilità di un aborto scendono al 5%.
Le cause: anomalie genetiche, patologie e infezioni
Un solo aborto spontaneo è spesso frutto di un episodio sporadico, non legato a motivi fisici permanenti e quindi difficile da spiegare, ma al contempo non necessariamente indice del fatto che si possa ripetere.
Fra le cause dell'aborto spontaneo, la metà dei casi è conseguenza di anomalie cromosomiche nel feto, completamente slegate dalla situazione genetica dei genitori, ma createsi in modo spontaneo, che si possono diagnosticare con precise analisi del DNA, ma che di solito si scoprono solo a posteriori. Se invece uno dei due genitori, o entrambi, sono portatori di anomalie a livello genetico, queste si possono trasmettere al feto causandone la morte prematura.
Il 10-15% dei casi ha invece cause anatomiche. Si tratta in particolare di malformazioni a livello uterino della donna, come l’utero setto o bicorne, e le sinechie, o aderenze, conseguenza di infezioni o interventi chirurgici, o di malattie come i fibromi. I difetti anatomici si possono scoprire attraverso l’ecografia tridimensionale, mentre per i fibromi basta un’ecografia vaginale e per le sinechie l’isteroscopia.
Una simile percentuale è indicata anche per cause di tipo endocrino, vale a dire relative al meccanismo di regolazione che presiede anche al ciclo di fertilità femminile, attraverso la produzione di ormoni. Anomalie di funzionamento della tiroide (l’ipotiroidismo, non l’ipertiroidismo) e del corpo luteo sono tra i fattori più importanti che possono provocare un aborto spontaneo, così come gli squilibri ormonali che causano l’ovaio policistico e una presenza eccessiva o troppo scarsa di prolattina, che è coinvolta nella crescita del feto.
Infine, le infezioni, batteriche o virali che siano, possono aumentare l’incidenza di aborto: è quindi bene escludere la loro presenza nell’ambiente destinato ad accogliere il feto prima della gravidanza, indagando la presenza di microrganismi che causano la clamidia, l’herpes, ma anche l’epatite B e C. Pericolosi anche il Mycoplasma hominis e l’Ureoplasma Urealyticum, due batteri presenti in buona parte dei casi di morte del feto per infezione, lo streptococco di gruppo B e il Cytomegalovirus. Da non trascurare le analisi preventive su rosolia e toxoplasmosi che, contratte nel primo trimestre, possono avere effetti letali per il bambino.
Altri fattori: l’età e l’ambiente
Anche l’età è un elemento che incrementa la probabilità di aborto spontaneo: si calcola che se la madre ha più di 40 anni l’incidenza aumenti fino al 40%. A questo fattore si uniscono alcune cattive abitudini, o rischi di carattere ambientale, che possono incidere sul normale sviluppo di un feto vitale: l’anoressia, il fumo, il consumo eccessivo di alcol, l’uso di droghe, il contatto con agenti tossici o inquinanti, l’esposizione alle radiazioni, l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (i cosiddetti FANS), soprattutto nelle primissime fasi della gravidanza. Non esistono correlazioni nette tra un comportamento della futura mamma e la morte del feto ma, in linea generale, abitudini sane e ambiente pulito non possono che favorire il corretto svolgimento della gravidanza.
Cosa fare
I sintomi più comuni in caso di aborto spontaneo sono le perdite di sangue più o meno intense e la presenza di dolore al basso ventre o nell’area lombo-sacrale. Si può anche manifestare con la scomparsa di tutti quei segnali che di solito si associano alla gravidanza, come il gonfiore del seno o la nausea. In realtà, però, non tutte le donne riportano tali sintomi e a volte solo l’ecografia certifica l’assenza di segni vitali del feto e quindi la diagnosi non nasce da una richiesta di controllo specifico, ma emerge casualmente nel corso del normale check-up.
In linea generale, però, dopo un certo lasso di tempo, che può essere di giorni o settimane, si verifica il sanguinamento e compare il dolore, perché l’utero sta cercando di espellere il feto non più in vita. Anche con la camera gestazionale vuota, nella maggior parte dei casi l’espulsione risulta incompleta, per cui è necessario intervenire chirurgicamente con isterosuzione o raschiamento. Se la morte avviene nelle prime settimane dal concepimento, invece, è più facile che il corpo sia in grado di espellere autonomamente embrione e placenta.
Per poter verificare che la gravidanza stia procedendo in modo normale, quindi, oltre alle ecografie periodiche, è bene consultare il medico o il ginecologo se si hanno i sintomi sopra descritti, ricordandosi al contempo che non sono un indizio certo di aborto spontaneo, ma solo un possibile segnale di allarme.
Come prevenire
Prevenire significa innanzitutto conoscere i potenziali fattori di rischio: una visita pre-concepimento permette di mettere a fuoco precedenti patologie, caratteri ereditari rischiosi, abitudini non salutari di entrambi i futuri genitori. Dovrebbe inoltre prevedere una serie di esami per valutare lo stato di salute complessivo della donna (bastano dei semplici esami del sangue con ricerca di toxoplasmosi, rosolia e anemia mediterranea) ed eventuali approfondimenti nel caso si sospettino problemi o disfunzioni pericolose.
Un'altra azione importante riguarda lo stile di vita, da correggere se prevede comportamenti potenzialmente dannosi per il bambino: alimentazione sana ed equilibrata, moderata attività fisica, bando assoluto al fumo e alle droghe, riduzione drastica del consumo di alcol, controllo del peso.
Posso rimanere di nuovo incinta?
In caso di aborti spontanei ripetuti (così si definiscono dopo il terzo consecutivo) è bene indagare in modo approfondito se esista un quadro clinico sfavorevole alla gravidanza. A favorire questa situazione concorrono cause genetiche, malformazioni a livello di apparato riproduttivo e malattie materne (patologie renali, ipertensione, malattie autoimmuni, diabete). Anche i fibromi possono portare ad aborti ricorrenti.
Una volta escluse cause fisiologiche, è possibile ritentare la gravidanza: un aborto spontaneo non preclude un nuovo concepimento, ma senza i necessari accertamenti si può andare incontro a un nuovo fallimento, che potrebbe creare pesanti ripercussioni a livello psicologico.
Gli esami clinici a fronte della cosiddetta poliabortività sono gratuiti ma, soprattutto se la donna ha oltre 35 anni, è bene farne richiesta dopo il primo episodio, per non perdere tempo ed evitare, principalmente, altri traumi e altro dolore.
Qualche statistica
L’aborto spontaneo colpisce con un’incidenza del 15-20%, con una predilezione per le prime settimane (entro la 13°). Spesso, perciò, si scopre di aver perso il bambino senza aver prima saputo di essere incinta. Anche se fecondati, poi, il 15% degli ovuli vengono persi prima che si possano impiantare nell’utero: in tal caso la gravidanza non ha nemmeno inizio. Il dato positivo è che, una volta rilevata l’attività cardiaca del feto, le probabilità di un aborto scendono al 5%.
Le cause: anomalie genetiche, patologie e infezioni
Un solo aborto spontaneo è spesso frutto di un episodio sporadico, non legato a motivi fisici permanenti e quindi difficile da spiegare, ma al contempo non necessariamente indice del fatto che si possa ripetere.
Fra le cause dell'aborto spontaneo, la metà dei casi è conseguenza di anomalie cromosomiche nel feto, completamente slegate dalla situazione genetica dei genitori, ma createsi in modo spontaneo, che si possono diagnosticare con precise analisi del DNA, ma che di solito si scoprono solo a posteriori. Se invece uno dei due genitori, o entrambi, sono portatori di anomalie a livello genetico, queste si possono trasmettere al feto causandone la morte prematura.
Il 10-15% dei casi ha invece cause anatomiche. Si tratta in particolare di malformazioni a livello uterino della donna, come l’utero setto o bicorne, e le sinechie, o aderenze, conseguenza di infezioni o interventi chirurgici, o di malattie come i fibromi. I difetti anatomici si possono scoprire attraverso l’ecografia tridimensionale, mentre per i fibromi basta un’ecografia vaginale e per le sinechie l’isteroscopia.
Una simile percentuale è indicata anche per cause di tipo endocrino, vale a dire relative al meccanismo di regolazione che presiede anche al ciclo di fertilità femminile, attraverso la produzione di ormoni. Anomalie di funzionamento della tiroide (l’ipotiroidismo, non l’ipertiroidismo) e del corpo luteo sono tra i fattori più importanti che possono provocare un aborto spontaneo, così come gli squilibri ormonali che causano l’ovaio policistico e una presenza eccessiva o troppo scarsa di prolattina, che è coinvolta nella crescita del feto.
Infine, le infezioni, batteriche o virali che siano, possono aumentare l’incidenza di aborto: è quindi bene escludere la loro presenza nell’ambiente destinato ad accogliere il feto prima della gravidanza, indagando la presenza di microrganismi che causano la clamidia, l’herpes, ma anche l’epatite B e C. Pericolosi anche il Mycoplasma hominis e l’Ureoplasma Urealyticum, due batteri presenti in buona parte dei casi di morte del feto per infezione, lo streptococco di gruppo B e il Cytomegalovirus. Da non trascurare le analisi preventive su rosolia e toxoplasmosi che, contratte nel primo trimestre, possono avere effetti letali per il bambino.
Altri fattori: l’età e l’ambiente
Anche l’età è un elemento che incrementa la probabilità di aborto spontaneo: si calcola che se la madre ha più di 40 anni l’incidenza aumenti fino al 40%. A questo fattore si uniscono alcune cattive abitudini, o rischi di carattere ambientale, che possono incidere sul normale sviluppo di un feto vitale: l’anoressia, il fumo, il consumo eccessivo di alcol, l’uso di droghe, il contatto con agenti tossici o inquinanti, l’esposizione alle radiazioni, l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (i cosiddetti FANS), soprattutto nelle primissime fasi della gravidanza. Non esistono correlazioni nette tra un comportamento della futura mamma e la morte del feto ma, in linea generale, abitudini sane e ambiente pulito non possono che favorire il corretto svolgimento della gravidanza.
Cosa fare
I sintomi più comuni in caso di aborto spontaneo sono le perdite di sangue più o meno intense e la presenza di dolore al basso ventre o nell’area lombo-sacrale. Si può anche manifestare con la scomparsa di tutti quei segnali che di solito si associano alla gravidanza, come il gonfiore del seno o la nausea. In realtà, però, non tutte le donne riportano tali sintomi e a volte solo l’ecografia certifica l’assenza di segni vitali del feto e quindi la diagnosi non nasce da una richiesta di controllo specifico, ma emerge casualmente nel corso del normale check-up.
In linea generale, però, dopo un certo lasso di tempo, che può essere di giorni o settimane, si verifica il sanguinamento e compare il dolore, perché l’utero sta cercando di espellere il feto non più in vita. Anche con la camera gestazionale vuota, nella maggior parte dei casi l’espulsione risulta incompleta, per cui è necessario intervenire chirurgicamente con isterosuzione o raschiamento. Se la morte avviene nelle prime settimane dal concepimento, invece, è più facile che il corpo sia in grado di espellere autonomamente embrione e placenta.
Per poter verificare che la gravidanza stia procedendo in modo normale, quindi, oltre alle ecografie periodiche, è bene consultare il medico o il ginecologo se si hanno i sintomi sopra descritti, ricordandosi al contempo che non sono un indizio certo di aborto spontaneo, ma solo un possibile segnale di allarme.
Come prevenire
Prevenire significa innanzitutto conoscere i potenziali fattori di rischio: una visita pre-concepimento permette di mettere a fuoco precedenti patologie, caratteri ereditari rischiosi, abitudini non salutari di entrambi i futuri genitori. Dovrebbe inoltre prevedere una serie di esami per valutare lo stato di salute complessivo della donna (bastano dei semplici esami del sangue con ricerca di toxoplasmosi, rosolia e anemia mediterranea) ed eventuali approfondimenti nel caso si sospettino problemi o disfunzioni pericolose.
Un'altra azione importante riguarda lo stile di vita, da correggere se prevede comportamenti potenzialmente dannosi per il bambino: alimentazione sana ed equilibrata, moderata attività fisica, bando assoluto al fumo e alle droghe, riduzione drastica del consumo di alcol, controllo del peso.
Posso rimanere di nuovo incinta?
In caso di aborti spontanei ripetuti (così si definiscono dopo il terzo consecutivo) è bene indagare in modo approfondito se esista un quadro clinico sfavorevole alla gravidanza. A favorire questa situazione concorrono cause genetiche, malformazioni a livello di apparato riproduttivo e malattie materne (patologie renali, ipertensione, malattie autoimmuni, diabete). Anche i fibromi possono portare ad aborti ricorrenti.
Una volta escluse cause fisiologiche, è possibile ritentare la gravidanza: un aborto spontaneo non preclude un nuovo concepimento, ma senza i necessari accertamenti si può andare incontro a un nuovo fallimento, che potrebbe creare pesanti ripercussioni a livello psicologico.
Gli esami clinici a fronte della cosiddetta poliabortività sono gratuiti ma, soprattutto se la donna ha oltre 35 anni, è bene farne richiesta dopo il primo episodio, per non perdere tempo ed evitare, principalmente, altri traumi e altro dolore.
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