Fino a qualche anno fa, nell’immaginario comune, la ragazza madre era l’adolescente diventata mamma troppo in fretta senza un partner vicino che riconoscesse il bambino. Oggi la prospettiva è un po’ cambiata: in quei casi, infatti, la scelta coraggiosa è una conseguenza di una situazione di necessità. Esistono però molte donne che decidono volontariamente di crescere un figlio da solo e spesso non sono giovani sprovvedute ma donne single sopra i 30-35 anni. Questo non significa che la loro missione sia necessariamente più facile. Certamente hanno dalla loro parte maggiore esperienza e una posizione economica più stabile, ma crescere un figlio da sole resta una scelta che richiede sacrificio e dedizione.
Tecnicamente, infatti, con l’espressione “ragazza madre” ci si riferisce a giovani donne il cui partner non ha riconosciuto la paternità del bambino. Oggi però si parla più genericamente di “mamme single”, a prescindere dall’età e dal fatto che si tratti di donne divorziate, vedove premature o di madri che si sono sottoposte alla fecondazione assistita. Ovviamente questo non esclude che possa esserci l’aiuto da parte di genitori, amici o parenti (che anzi diventa indispensabile) ma in ogni caso essere mamma, studentessa o lavoratrice e fare al tempo stesso anche da papà prevede una capacità di multitasking che solo l’amore per un figlio può dare.
Anche se si tratta di una situazione complicata e stancante, la cosa più importante è non lasciare che lo sconforto prenda il sopravvento. Certo, a volte può succedere di scoraggiarsi ma, in linea di massima, occorre cercare di evidenziare anche i lati positivi della propria condizione. Quello che si crea con il figlio è un legame unico, plurivalente. Ma non bisogna neppure riversare se stesse in via esclusiva sul proprio bambino: rendere i figli autosufficienti (insegnargli a vestirsi e a preparare la cartella per la scuola ad esempio) è un modo per avere la possibilità di ritagliarsi tempo per se stesse. Istruitelo/a anche a svolgere piccole faccende domestiche: apparecchiare la tavola, rifare il letto etc. La giusta misura è nell’essere presenti ma non ossessive.
Non vivete il ruolo di mamma con il senso di colpa: appartenere a una famiglia monoparentale non rende un bambino meno amato.
Un altro errore che spesso si crea è quello di instaurare un rapporto di amicizia: il rischio nasce quando si ammettono le proprie debolezze nel gestire il ruolo di genitori e quindi ci si pone sullo stesso piano. Una certa gerarchia va sempre mantenuta.
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