Epidurale

L’epidurale è sinonimo di parto indolore (o quasi): consiste infatti nella somministrazione di farmaci anestetici per bloccare la percezione della sensazione dolorosa di una parte del corpo (nel caso del parto la regione addominale) attraverso una puntura a livello della colonna vertebrale. Introdotta in Italia nella prima metà del Novecento dal chirurgo, e padre degli studi anestesiologici, Achille Mario Dogliotti, dovrebbe far parte dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, garantita quindi a tutte le donne che ne facciano richiesta. Le carenze di personale e di fondi, oltre che, in qualche caso isolato, un’opposizione ideologica al metodo, rendono però il ricorso a questa anestesia non sempre facile.
Cos’è l'epidurale? Quali effetti ha?
Si tratta di un’anestesia definita loco-regionale, per distinguerla sia da quella generale, che determina uno stato di totale incoscienza per un certo periodo, in cui non si sente dolore ma non si ha nemmeno alcuna partecipazione all’evento, sia da quella locale, che coinvolge parti del corpo di dimensioni molto inferiori. Si pratica inserendo una piccola cannula nell’area tra il canale osseo e la dura madre della colonna vertebrale, tra la 3° e la 4° vertebra. La cannula rimane inserita per permettere l’inoculazione del farmaco anestetico per tutto il tempo necessario. Si effettua in posizione seduta o sul fianco e agisce in circa 20 minuti. Secondo i protocolli utilizzati negli ospedali italiani, la quantità di farmaci prescritti non elimina del tutto il dolore, ma lo riduce notevolmente nella prima fase, quella della dilatazione, mentre nella fase espulsiva vera e propria la riduzione è parziale. L’obiettivo dichiarato è evitare di indebolire troppo i muscoli dell’addome, coinvolti nelle spinte, e delle gambe (il che impedirebbe alla donna di avere libertà di movimento e anche di trovare la posizione che sente essere la migliore nel proprio caso).
L’epidurale si deve iniziare nelle prime fasi di dilatazione (quando le contrazioni sono ogni 10 minuti circa), per evitare di dover utilizzare quantità superiori di farmaci.
Tale metodo potrebbe non fare effetto, o avere un effetto inferiore rispetto a quello previsto, in caso di anomalie anatomiche della colonna vertebrale (per difetti congeniti, malattie o precedenti interventi chirurgici). Può infatti succedere che il farmaco non si espanda adeguatamente, lasciando la sensibilità dolorosa in alcune zone.
L’epidurale si può effettuare su quasi tutte le donne. Le uniche eccezioni sono costituite da chi ha problemi importanti di coagulazione del sangue o difetti molto seri alla colonna vertebrale. Diverso è il fatto che tutte le donne possano accedere a questa anestesia: spesso, durante la notte o nel fine settimana gli ospedali non hanno anestesisti di turno e quindi, anche se precedentemente concordato, si potrebbe non ricevere il trattamento. Inoltre, l'anestesia epidurale per il parto è, a volte, soggetta a pagamento (anche solo di un ticket).
Rischi e benefici
Chiaramente, l’obiettivo di questo metodo è limitare il dolore del parto, permettendo al contempo alla donna di rimanere cosciente durante tutto l’evento. Grazie alla ridotta sensibilità al dolore, quindi, la neomamma potrà partecipare attivamente a quanto le sta succedendo, ma con maggiore serenità.
Per quanto riguarda i rischi, sono state fatte moltissime indagini, che hanno però utilizzato metodiche e procedure differenti e quindi determinato risultati discordanti. Una delle ricerche più complete è stata pubblicata sul British Journal of Anaesthesia nel 2009: su 700 mila soggetti coinvolti, si sono registrati effetti collaterali importanti in pochissimi casi, sotto lo 0,004 % per i danni neurologici e sotto lo 0,002% per paralisi e morte. La paralisi agli arti inferiori, di per sé molto rara, può essere evitata attraverso un’indagine preliminare sulla capacità di coagulazione del sangue. Le complicanze minori, invece, sono più frequenti, ma non comportano pericolo, come dolore nell’area in cui è stata effettuata la puntura, qualche linea di febbre, scosse temporanee alle gambe e alla schiena. Rara anche l’insorgenza di un intenso mal di testa nei giorni successivi al parto, legata di solito ad errori nell’effettuare la puntura: è bene sapere che il dolore si indebolisce molto stando sdraiate e ha un decorso naturale fino alla completa sparizione.
Come ogni volta che si subisce un’anestesia, c’è il rischio di una reazione allergica ai farmaci utilizzati. Si tratta di una possibilità remota, che impone una visita anestesiologica da effettuare circa un mese prima del parto. Una ricerca recente ha individuato un altro possibile rischio: l’allungarsi del tempo di travaglio. Secondo un’indagine portata avanti presso l’Università della California di San Francisco, in media il ricorso all’epidurale aggiunge oltre 2 ore alla fase espulsiva. Il motivo potrebbe essere più psicologico che fisiologico: non sentendo l’urgenza di far passare il dolore, le donne sarebbero più calme e le spinte, di conseguenza, sarebbero meno vigorose. Altri studi indicano però come l’epidurale non aumenti il ricorso alla ventosa e al cesareo.
In linea generale, invece, non esistono effetti collaterali di alcun tipo per il bambino: i dosaggi sono troppo bassi per portare complicanze.
Cos’è l'epidurale? Quali effetti ha?
Si tratta di un’anestesia definita loco-regionale, per distinguerla sia da quella generale, che determina uno stato di totale incoscienza per un certo periodo, in cui non si sente dolore ma non si ha nemmeno alcuna partecipazione all’evento, sia da quella locale, che coinvolge parti del corpo di dimensioni molto inferiori. Si pratica inserendo una piccola cannula nell’area tra il canale osseo e la dura madre della colonna vertebrale, tra la 3° e la 4° vertebra. La cannula rimane inserita per permettere l’inoculazione del farmaco anestetico per tutto il tempo necessario. Si effettua in posizione seduta o sul fianco e agisce in circa 20 minuti. Secondo i protocolli utilizzati negli ospedali italiani, la quantità di farmaci prescritti non elimina del tutto il dolore, ma lo riduce notevolmente nella prima fase, quella della dilatazione, mentre nella fase espulsiva vera e propria la riduzione è parziale. L’obiettivo dichiarato è evitare di indebolire troppo i muscoli dell’addome, coinvolti nelle spinte, e delle gambe (il che impedirebbe alla donna di avere libertà di movimento e anche di trovare la posizione che sente essere la migliore nel proprio caso).
L’epidurale si deve iniziare nelle prime fasi di dilatazione (quando le contrazioni sono ogni 10 minuti circa), per evitare di dover utilizzare quantità superiori di farmaci.
Tale metodo potrebbe non fare effetto, o avere un effetto inferiore rispetto a quello previsto, in caso di anomalie anatomiche della colonna vertebrale (per difetti congeniti, malattie o precedenti interventi chirurgici). Può infatti succedere che il farmaco non si espanda adeguatamente, lasciando la sensibilità dolorosa in alcune zone.
L’epidurale si può effettuare su quasi tutte le donne. Le uniche eccezioni sono costituite da chi ha problemi importanti di coagulazione del sangue o difetti molto seri alla colonna vertebrale. Diverso è il fatto che tutte le donne possano accedere a questa anestesia: spesso, durante la notte o nel fine settimana gli ospedali non hanno anestesisti di turno e quindi, anche se precedentemente concordato, si potrebbe non ricevere il trattamento. Inoltre, l'anestesia epidurale per il parto è, a volte, soggetta a pagamento (anche solo di un ticket).
Rischi e benefici
Chiaramente, l’obiettivo di questo metodo è limitare il dolore del parto, permettendo al contempo alla donna di rimanere cosciente durante tutto l’evento. Grazie alla ridotta sensibilità al dolore, quindi, la neomamma potrà partecipare attivamente a quanto le sta succedendo, ma con maggiore serenità.
Per quanto riguarda i rischi, sono state fatte moltissime indagini, che hanno però utilizzato metodiche e procedure differenti e quindi determinato risultati discordanti. Una delle ricerche più complete è stata pubblicata sul British Journal of Anaesthesia nel 2009: su 700 mila soggetti coinvolti, si sono registrati effetti collaterali importanti in pochissimi casi, sotto lo 0,004 % per i danni neurologici e sotto lo 0,002% per paralisi e morte. La paralisi agli arti inferiori, di per sé molto rara, può essere evitata attraverso un’indagine preliminare sulla capacità di coagulazione del sangue. Le complicanze minori, invece, sono più frequenti, ma non comportano pericolo, come dolore nell’area in cui è stata effettuata la puntura, qualche linea di febbre, scosse temporanee alle gambe e alla schiena. Rara anche l’insorgenza di un intenso mal di testa nei giorni successivi al parto, legata di solito ad errori nell’effettuare la puntura: è bene sapere che il dolore si indebolisce molto stando sdraiate e ha un decorso naturale fino alla completa sparizione.
Come ogni volta che si subisce un’anestesia, c’è il rischio di una reazione allergica ai farmaci utilizzati. Si tratta di una possibilità remota, che impone una visita anestesiologica da effettuare circa un mese prima del parto. Una ricerca recente ha individuato un altro possibile rischio: l’allungarsi del tempo di travaglio. Secondo un’indagine portata avanti presso l’Università della California di San Francisco, in media il ricorso all’epidurale aggiunge oltre 2 ore alla fase espulsiva. Il motivo potrebbe essere più psicologico che fisiologico: non sentendo l’urgenza di far passare il dolore, le donne sarebbero più calme e le spinte, di conseguenza, sarebbero meno vigorose. Altri studi indicano però come l’epidurale non aumenti il ricorso alla ventosa e al cesareo.
In linea generale, invece, non esistono effetti collaterali di alcun tipo per il bambino: i dosaggi sono troppo bassi per portare complicanze.
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