Cronodieta

La cronodieta è nata da un’intuizione nata dalla disciplina della cronobiologia, la disciplina che si occupa di studiare i ritmi biologici dell’essere umano.
Nell’arco delle ventiquattro ore il nostro corpo è soggetto a picchi ormonali diversi, che servono a regolare le normali funzioni vitali.
Tra queste vi sono appunto anche quelli che regolano la fame, il sistema digerente, il modo in cui trasformiamo i cibi in energia e il metabolismo.
Basandosi su queste conoscenze, i medici italiani Paolo Marconi e Mauro Todisco, all’inizio degli anni Novanta, hanno messo a punto la cronodieta.
Per poter perdere peso e portare giovamento alla siluette, è necessario gestire l’alimentazione in relazione alle funzioni di alcuni ormoni.
Alcuni di questi facilitano l’accumulo di adipe, altri fanno perdere massa muscolare, e altri ancora aiutano a bruciare i grassi.
Dopo essersi sottoposti ad opportune analisi mediche, finalizzate a controllare che i livelli ormonali siano ottimali, si può procedere con la dieta.
Gli ormoni che vengono presi in considerazione per mettere in pratica questo particolare regime alimentare sono quattro: insulina, GH, cortisolo e glucagone.
L’insulina è l’elemento che favorisce l’immagazzinamento del grasso, viene messa in circolo quando assumiamo molti carboidrati e zuccheri.
Per bloccare questo meccanismo è necessario consumare cibi come pane, pasta e dolci esclusivamente nelle ore mattutine, perché in questa parte del giorno il cortisolo, l’ormone in grado di contrastare l’insulina, raggiunge picchi molti alti.
Nelle ore serali è invece preferibile nutrirsi con cibi proteici, poichè il GH è presente in quantità ottimali dalle 20 in poi.
Questo ormone deve essere associato alle proteine (presenti in carne, pesce, uova, formaggi) perché è in grado di trasformare il grasso in energia e perché favorisce la crescita della massa muscolare.
Come molte altre diete, la cronodieta non è sostenuta da tutti i nutrizionisti, infatti nel programma non sono previste limitazioni sulle calorie da assumere, né vengono prese in considerazione le quantità e le tipologie di alimenti consumati: il rischio di insuccesso è elevato.
Nell’arco delle ventiquattro ore il nostro corpo è soggetto a picchi ormonali diversi, che servono a regolare le normali funzioni vitali.
Tra queste vi sono appunto anche quelli che regolano la fame, il sistema digerente, il modo in cui trasformiamo i cibi in energia e il metabolismo.
Basandosi su queste conoscenze, i medici italiani Paolo Marconi e Mauro Todisco, all’inizio degli anni Novanta, hanno messo a punto la cronodieta.
Per poter perdere peso e portare giovamento alla siluette, è necessario gestire l’alimentazione in relazione alle funzioni di alcuni ormoni.
Alcuni di questi facilitano l’accumulo di adipe, altri fanno perdere massa muscolare, e altri ancora aiutano a bruciare i grassi.
Dopo essersi sottoposti ad opportune analisi mediche, finalizzate a controllare che i livelli ormonali siano ottimali, si può procedere con la dieta.
Gli ormoni che vengono presi in considerazione per mettere in pratica questo particolare regime alimentare sono quattro: insulina, GH, cortisolo e glucagone.
L’insulina è l’elemento che favorisce l’immagazzinamento del grasso, viene messa in circolo quando assumiamo molti carboidrati e zuccheri.
Per bloccare questo meccanismo è necessario consumare cibi come pane, pasta e dolci esclusivamente nelle ore mattutine, perché in questa parte del giorno il cortisolo, l’ormone in grado di contrastare l’insulina, raggiunge picchi molti alti.
Nelle ore serali è invece preferibile nutrirsi con cibi proteici, poichè il GH è presente in quantità ottimali dalle 20 in poi.
Questo ormone deve essere associato alle proteine (presenti in carne, pesce, uova, formaggi) perché è in grado di trasformare il grasso in energia e perché favorisce la crescita della massa muscolare.
Come molte altre diete, la cronodieta non è sostenuta da tutti i nutrizionisti, infatti nel programma non sono previste limitazioni sulle calorie da assumere, né vengono prese in considerazione le quantità e le tipologie di alimenti consumati: il rischio di insuccesso è elevato.
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